LB2W_065_L’agricoltura del Mare
Per partecipare al concorso i progetti vanno inviati entro:
Progetto presentato da: Marco Pizzamiglio
Marco Pizzamiglio - premio 5.000,00 €
Da ormai millenni l’uomo è passato da un sistema di produzione alimentare fondato sulla “caccia e raccolta” a sistemi decisamente più produttivi come l’agricoltura e l’allevamento. Questo passaggio tuttavia, per quanto possa sembrare assurdo, ai nostri giorni non è ancora avvenuto completamente.
Il pesce viene ancora per la maggior parte pescato in mare aperto e gli allevamenti pur avendo conosciuto una significativa diffusione hanno ancora una produzione limitata. Il problema fondamentale risiede nel fatto di voler sfruttare spesso specie ai vertici della catena alimentare (ne sono un esempio i pesci più diffusi sulle nostre tavole come il tonno, il salmone e il merluzzo).
Per ogni passaggio della catena alimentare le perdite sotto forma di calore sono dell’ordine dell’80-90% dell’energia presente nelle biomasse consumate dagli organismi. Di conseguenza le specie ai vertici avranno popolazioni più limitate a causa dell’esigua quantità di energia (sotto forma di cibo) che arriva sino ai loro livelli.
Continuando su questa strada si sprecano gran parte delle potenzialità produttive del mare.
In stati come l’Italia in cui la superficie marittima ha estensioni molto rilevanti il mare potrebbe essere “coltivato” e non sfruttato.
Utilizzando grandi vasche superficiali dai costi molto ridotti si potrebbero coltivare numerose specie di alghe, molte delle quali con valori nutrizionali decisamente interessanti e numerose specie di plancton.
Queste fonti potrebbero essere utilizzate per creare alimenti a basso costo per i paesi in via di sviluppo o, nelle prime fasi, produrre un’interessante materia prima per la fabbricazione dei mangimi utilizzati dagli allevamenti già esistenti. Questi mangimi potrebbero avere così origini controllate ed evitare i rischi dell’accumulo di alcune sostanze tossiche presenti nel caso dei prodotti ottenuti dagli scarti industriali del pesce. Queste sostanze possono, infatti, accumularsi nei tessuti dei pesci commercializzati e alla lunga portare effetti negativi anche sul consumatore.
In sostanza attraverso grandi vasche superficiali si potrebbero allevare specie di fitoplancton e zooplancton per l’alimentazione dei pesci d’allevamento, migliorandone così la qualità e permettendo migliori controlli su tutto il processo d’allevamento.
Questo potrebbe essere il primo passo verso l’introduzione dello sfruttamento di quella che è una delle maggiori risorse alimentari del pianeta arrivando un giorno direttamente al consumo di alimenti derivati da questi organismi. Visto l’estensione degli oceani milioni se non miliardi di persone potrebbero beneficare dei progressi che si potrebbero avere nello sfruttamento di questa risorsa.