Recentemente, con l’avvento della microelettronica, sempre più gruppi di ricerca si stanno occupando di realizzare biosensori a stato solido. Notevole interesse stanno riscuotendo i biosensori basati su dispositivi OFET (Organic Field Effect Transistor) in quanto i semiconduttori sono depositabili da soluzione e su larga area, possono essere funzionalizzati con una vasta gamma di biorecettori, e, infine, potrebbero essere integrati su substrati flessibili. Immobilizzando sulla superficie di tale dispositivo, di dimensioni micrometriche, opportune biomolecole, è possibile rilevare l’analita di interesse. Al contrario di quanto pubblicato sinora in letteratura, il legame biorecettore-analita non dovrà essere irreversibile; la misura di concentrazione non verrà fatta una volta che la reazione avrà raggiunto il plateou, bensì verrà monitorato il suo andamento nel tempo. Conoscendo a priori la cinetica della reazione coinvolta, sarà possibile risalire alla concentrazione iniziale di analita in soluzione. I vantaggi che un metodo di analisi comporterebbe sono molteplici: ad esempio, basterebbe monitorare pochi istanti per avere una misura di concentrazione, senza dover attendere il tempo necessario affinchè raggiunga l’equilibrio, e inoltre, essendo la reazione reversibile, sarebbe possibile utilizzare lo stesso transistor per analisi successive. Un simile dispositivo troverebbe impiego non solo in laboratorio, per semplificare o anche solo supportare analisi cliniche lunghe e dispendiose, ma potrebbe, una volta ottimizzato e , essere utilizzato come un “laboratorio portatile” che, innestato nell’endotelio dei vasi sanguigni di individui affetti da patologie da tenere costantemente sotto controllo, permetta un monitoraggio in tempo reale di biomarker “in vivo”. Questo costituirebbe un considerevole miglioramento della qualità della vita, soprattutto per coloro i quali sono costretti quotidianamente a fare i conti con lo stress di frequentare strutture ospedaliere.